Era la sera dell’open day.
Alec si trascinava da un’aula all’altra, si sedeva, si alzava, rispondeva se gli rivolgevano la parola, sorrideva qua e là. Ma non sentiva quasi niente, non si rendeva conto di niente se non di quanto era arida la sua bocca e di quante volte doveva deglutire. E più si avvicinavano le otto, peggio si sentiva.
La preside fece un annuncio all’altoparlante: «Vi invitiamo a recarvi in palestra per una breve presentazione del Programma di Attività Pomeridiane». Alec notò con piacere che molti genitori e molti ragazzi andavano verso l’uscita. Ciò nonostante, il corridoio che portava in palestra era affollatissimo.
Alle otto e un quarto la Preside fece un breve discorso di benvenuto. Poi disse: «E ora ogni gruppo dirà qualcosa su come passa il pomeriggio».Alec si avvicinò al tavolo del suo gruppo, il “Club dei perdenti”, che sarebbe stato l’ultimo a fare la presentazione; si asciugò le mani sui pantaloni, ma quelle continuavano a sudare.
I ragazzi del gruppo degli scacchi parlarono a turno delle mosse che avevano imparato, una delle ragazze del Club dell’origami raccontò un po’ di storia dell’origami. Alec deglutì più volte. Da un momento all’altro sarebbe arrivato il suo turno.
Un ragazzo e una ragazza del Club di robotica illustrarono i diversi tipi di circuiti elettronici che avevano usato. I ragazzi del Lego mostrarono un castello che avevano progettato e costruito. Il Club di cinese aveva organizzato una piccola recita. Tutti ricevettero applausi.
Alec si ritrovò a sperare in un terremoto, o in un allarme antincendio, qualunque cosa pur di non alzarsi e parlare davanti a tutta quella gente. Ma non poté fare altro. A un suo cenno, fu tirato fuori un carrello da uno dei ripostigli e fu portato accanto al tavolo. La palestra rimase in silenzio mentre Alec prendeva dal carrello diciotto scatole di plastica, ciascuna con il suo coperchio. Su ciascuna scatola era scritto il nome di uno dei membri del suo club e Alec le dispose davanti ai legittimi proprietari: nessuno dei membri del club sapeva che cosa stava per fare. Alec cercò di sorridere, ma era talmente nervoso che gli venne fuori un ghigno da scimpanzé.
Si mise davanti al tavolo e si rivolse alla folla. «Mi chiamo Alec Spencer e... il nostro gruppo ha diciotto membri e si chiama Club dei perdenti». Quando lo disse, una risatina imbarazzata echeggiò tra la folla. «Voglio dire qualcosa a proposito del nome del club, ma prima invito ogni membro ad aprire la scatola che ha davanti, a prendere il primo foglio in cima alla pila e a correre in quella direzione, così!».
Alec tolse il coperchio alla sua scatola. Dentro sembrava che ci fosse una risma di carta, ma in realtà ogni foglio era attaccato al successivo per il margine, con il nastro adesivo, come una lunga fisarmonica. E quando Alec prese il primo foglio e partì di corsa verso l’angolo opposto della palestra, la striscia di carta lo seguì dispiegandosi come la coda di un drago cinese. Era questa la grande idea che gli era venuta il lunedì precedente. Voleva mostrare a tutti cosa facevano i cosiddetti perdenti durante il pomeriggio.
Aveva chiesto ai membri del club di spedirgli per e-mail un elenco di tu i libri che avevano letto e aveva poi stampato tutte le copertine. La fisarmonica di copertine di Alec era talmente lunga che dovette girare a destra e continuare a tirare i fogli dalla scatola.
Gli altri ragazzi del club scoppiarono a ridere e lo imitarono, tirando fuori i loro fiumi di copertine e attraversando la palestra di corsa. Diciotto lunghissime strisce di carta che parlavano dall’angolo della palestra: sembrava l’immagine satellitare dell’enorme delta di un fiume. Quando tu i ragazzi si fermarono, gli altri alunni e i genitori si avvicinarono per 55 vedere di cosa si trattava. Tutti si misero a parlare, indicando qua e là titoli che ricordavano di aver letto, libri che avevano amato.
Alec parlò con voce forte e chiara, una voce che non aveva mai avuto prima. «Potrei riavere la vostra attenzione per un minuto?» Tutti tacquero e lui continuò: «Quelli che state vedendo sono tu i libri che ognuno di noi ha 60 letto finora nel corso della sua vita. È questo che facciamo nel Club dei perdenti: leggiamo.
Nella biblioteca della scuola c’è un vecchio poster che dice “Perdetevi in un libro”. È quello che facciamo noi. Ci perdiamo nei libri per ore e ore... Libri su 65 persone e posti diversi. Quando torniamo, portiamo con noi un sacco di roba interessante perché i libri fanno proprio questo: ci fanno perdere un po’ di ignoranza e un po’ di paura. E perdere la paura significa anche perdere un po’ di 70 rabbia... Perciò eccoci. Siamo il Club dei perdenti». Gli applausi furono così fragorosi che Alec si sentì in imbarazzo.
Come faceva sempre, una parte della sua mente, cercò di trovare una scena di un libro che descrivesse quel momento pieno di gioia, di intensità, di vita. Ma gli venne in mente un solo pensiero: questo è meglio del più bel libro che abbia mai letto! E aveva ragione.
(Tratto e adattato da: Clements A., Il club dei perdenti, ne Il libro più bello del mondo, Rizzoli, 2018)